QUANDO MARGHERITA, "LA CENCIARINA", MI REGALAVA IL PANINO DELLA MERENDA.
Era Margherita “la cenciarina”, perché tutti a qeul tempo avevano un soprannome: c’era Maria “la ciottolina” perché vendeva piatti, vasi e ciottoli di vario genere, c’era Teresa Barsi “la zoccolaia” perché vendeva zoccoli di legno, Maria Grossi era “la cappellaia” e Osvaldo Palagi “l’ombrellaio”; ma della “cenciarina” non so il perché.
Il negozio, con ingresso su via Umberto, davanti all’attuale negozio di abbigliamento “Domenico Palagi”, aveva un forno annesso, visibile dal negozio, che usciva su via degli Orti, il cui fornaio era Paolino Pieroni.
La bella foto della giovane Margherita (pubblicata qui accanto) mi ha fatto ricordare quando, da bambino, andavo al suo negozio per prendere la merenda. E mi ha fatto ricordare una storia piacevole, di tantissimi anni fa.
Puo’ sembrare strano anche a noi che abbiamo vissuto quel mondo e, tanto più lo sembrerà a nostri figli e nipoti, ma, quand’ero bimbetto, in casa non avevamo il frigorifero. E così per i nostri genitori e le nostre mamme, casalinghe, si ponevano tutti i problemi di conservazione dei cibi, quasi sempre risolto con il puntuale riciclo degli avanzi che, al tempo, non era un giochino da imparare in televisione, come oggi, ma una assoluta necessità di "economia domestica". La conservazione dei cibi veniva affrontata come da sempre era stato, per centinaia e centinaia di anni, fino all’invenzione del frigorifero da casa. Fortunati coloro che avevano cantine fresche, magari con la “caciaia”.
La merenda, alle quattro del pomeriggio, era un appuntamento, per me e per i ragazzi in genere, inderogabile; anche perché il pasto di mezzogiorno, non era sempre ricco di calorie ed abbondante. Se si faceva merenda In casa si poteva mangiare pane e olio, pane e marmellata, pane acqua e zucchero, o pane con gli “insaccati” chi li aveva.
Io ero fortunato, perché, di solito, per la merenda, potevo permettermi di andare a farmi un panino nei vari “alimentari” del paese. Andavo da Lina, la mamma del dottor Pieroni, al “ponte pari”, dove prendevo un panino con crema di cioccolato (a “Nutella” non l’avevano ancora inventata); oppure da Lena, la nonna di Sandra Brunini, al bivio del mercato (dove prendevo il pane con lo sgombro), o da Margherita Lotti, la mamma di Lucio e Gabriele Toti, perché mi piaceva la “biova”, uno speciale panino che veniva fatto solo da quel forno. Margherita me la ricordo come una bella e simpatica signora; con me sempre sorridente e gentile; tutto derivava dal fatto che aveva un figlio che si chiamava come me, "Gabriele"; che era ingegnere alla "mitica" Alfa Romeo di Milano (dove lavorava poi anche il fratello Lucio). Ogni volta mi ripeteva il solito racconto e decantava i successi del figlio; le piaceva vedermi per chiamarmi per nome, come avrebbe fatto con il figlio. Mi faceva tante domande; conosceva i miei nonni e i miei genitori e, alla fine, immancabilmente, il panino me lo regalava. Mi metteva un po’ in difficoltà, ma la cosa mi piaceva e un po’ mi inorgogliva e, con i soldi risparmiati del panino, mi mangiavo un gelato sfuso, da Gigi l’Evangelisti, in piazza Pascoli.
Ora che mi ricordo, c'era un'altra commerciante a cui stavo simpatico: era Marianna "la verduraia"; quando passavo davanti al suo negozio, vicino a piazza S. Rocco, mi chiamava e mi regalava un mandarino.
Cose semplici e belle di tanti anni fa….
Gabriele Brunini - luglio 2022