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LA MORTE DI PAOLO CARLO BROGGI, ALFIERE DELLA DIVISIONE MONTESORA, NEI RICORDI E NEGLI INTERROGATIVI DELLA MADRE ROSA.

Molti anni fa una famiglia di Borgo a Mozzano mi consegnò un plico con alcuni documenti che parlavano di PAOLO CARLO BROGGI, sottotenente degli alpini della Divisione Monterosa, fucilato in Garfagnana nel novembre del 1944. Con i documenti c'era il ricordo funebre del ventunenne "alfiere della Monterosa" fatto stampare dalla madre,  Rosa Broggi, nel 1945, in occasione dell'anniversario della morte del figlio, ed alcuni fogli dattiloscritti dove si parlava della cattura del Broggi e della sua fine, scritti dalla stessa signora Rosa.
Il ricordo funebre e i documenti erano accompagnati da una lettera che la signora Rosa aveva scritto, nel 1952, ad una persona di Chifenti (Borgo a Mozzano) che, evidentemente, era stato conoscente o commilitone del Broggi.
La lettera scritta dalla madre testimonia, insieme al dolore, l'ansia e la voglia di conoscere i fatti, di una donna disperata ma non rassegnata, che si rivolge ad una persona che, come lo scritto testimonia, la Broggi non conosceva personalmetne; ma sa che è una persona di cui può fidarsi, alla quale rivolge tanti interrogativi che, a chi non conoce i fatti, possono sembrare perfino confusi. 
Scrive dunque Rosa Broggi:

"Gent.mo signor Fabbri,
vi sono grata della premura con cui mi avete risposto. Quando verrò dovrò scrivervi a Chifenti o a Fornoli? Fornoli è quello sopra Aulla, in prov. di Massa? Nella carta non ne ho trovato altri. E allora andate tutti i giorni, e fate la Castelnuovo - Aulla?
Vi mando il ricordino che feci ancora nel 45, lo riconoscete?
Chi era in quel tempo nella prigione: Poli di Mezzana, l' ex podestà, e Lombardi di Filicaia? foste presente anche all'esecuzione di Coltelli di Vagli
(1) e di Grandini di Poggio? Quali capi c'erano? c'era Bertagni, il dot. Coli, Barrocci, il diavolo nero, i Franchi e Menotti di Careggine?
Immagino lo sdegno per l'imboscata, e per l'uccisione di un suo alpino! Gli avevo detto che agli alpini non facevano niente, che mai avrebbero dovuto andare contro italiani. gli avevo fatto giurare di non macchiarsi di sangue italiano.
E voi come vi hanno lasciato?
Quell'inglese ha sposato a Camporgiano, credo e credo sia ancora lì.
Vi ringrazio ancora.
Rosa Broggi - Igea Marina di Rimini (Forlì) 20.7.52".


(1) si tratta del capitano Domenico Coltelli di Vagli

A questa lettera, come ho già detto, erano allegati il ricordino funebre ed anche alcuni fogli dattiloscritti e stampati "a ciclostile", strumento ormai appartenente alla preistoria, che testimonia come la madre del giovane Broggi abbia voluto dare ai suoi scritti ed alle sue riflessioni ampia diffusione.
In particolare tre pagine recano in testa un indirizzo scritto a mano: "1945 A Bertatgni - partigiano", e contengono lunghe riflessioni di Rosa Broggi che, come il testo chiarisce, risponde ad una lettera ricevuta dal Bertagni.
Un'altra pagina invece contiene, in testata, prima dello scritto la frase: "Anche la morte è una conquista quando la vita è stata un' offerta".

Proverò, anche se non è facile, a sintetizzare questi scritti, perchè possano portare, se possibile, un contributo alle conoscenze di coloro che si sono occupati o si occuperanno della morte di questo giovane alpino della Monterosa, in quel periodo tragico della nostra storia.

La lettera al partigiano Bertagni si apre con una considerazione di Rosa Broggi, che scrive:
"Io penso che non ci sia in un campo tutto il grano e nell'altro tutto il loglio, ma che, in ogni campo, ci sia grano e loglio. E penso che due persone oneste, risalgano pure da opposti versanti, finiran per l'incontrarsi sulla vetta".
E subito dopo il tessto entra nel merito della risposta al Bertagni esprimendo, quasi liricamente, le convinzioni del figlio:
"Ma prima voglio dirvi quanto male m'abbia fatto la vostra lettera: non sapevo che il mio Grande Figliolo fosse stato fucilato alla schiena, come un traditore, Lui che della Patria s'era fatto religione e scopo, che alla Patria aveva offerto se stesso come olocausto, perchè fosse salva.
Fa, Signore, che l'Italia si salvi: se per questo occorre sangue, eccomi: prendi il mio e quello di chi, come me, ama l'Italia: sarà gioia il sacrificio e le lacrime delle nostre mamme saranno rugiada sui fiori della libertà, della vera unica libertà. Perchè l'Italia viva, possa la mia penna spezzarsi e con essa il mio cuore".

E poi esprime, con amarezza e forza, una sua convinzione:
"Certo nessuno di quelli che l'hanno condannato nutriva nel suo animo tanto nobili sentimenti. Per le accuse, sono così infami, che la loro mostruosità stessa dimostra l'infondatezza".
Nel proseguo della lettera Rosa Broggi entra nel merito dei fatti e delle notizie che, forse, lei stessa ha raccolto con caparbietà:
"Gli alpini -scrive- per salvarsi, dissero che erano stati forzati ad uscire con Lui: dissero che era uno dei più sfegatati: e dissero che aveva abbattuto un apparecchio inglese, esponendosi, allo scoperto, mentre l'apparecchio, sceso a bassa quota, mitragliava i civili".
Per presentare la vera immagine del figlio cita la testimonianza di un certo Lazzaro Poli che gli aveva detto:
"Io devo essere grato a suo figlio: avevo la moglie ammalata; mi fece chiamare e mi disse: non sono ancora arrivate le scorte, ma di quel poco che ho ecco anche per te. E mi diede zucchero, latte in polvere, pasta, burro, e di tutto un pò. Poi - aggiunge ancora il Poli - mi chiamò in disparte e mi disse: Poli, mi hanno detto che siete una spia; che c'è di vero?".  E Rosa Broggi aggiunge a commento: "Questo rivela la sua anima sincera e fiduciosa: se fosse stato quello che vogliono oggi dipingerlo, bastava l'accusa di spia per procedere contro un uomo".
Avevo detto all'inizio che la lettura di questi scritti non è facile, perchè trattandosi di una risposta ad una precedente lettera (del Bertagni) di cui non si conosce il testo, è difficile cogliere tutti i passaggi.
La Rosa Broggi comunque scrive:
"Le accuse poi cambiano, e si aggravano nel tempo: forse la mostruosità del delitto cerca scusanti per attenuare i rimorsi: ma quello fatto dal Rosso ha dovuto rimangiarselo lui stesso davanti al Bruno Menotti e al Sergio Franchi e ai padroni dell'albergo".
Nella lunga lettera scritta al partigiano Bertagni,  Rosa Broggi parla di sè, dei suoi sentimenti e di come ha educato il figlio; e dice espressamente che Paolo Carlo "partì al posto del fratello invalido, perchè la Patria non fosse menomata di un solo braccio". Ed aggiunge: "il comandante mi scriveva: il suo entusiasmo è così puro, buono, ardente, che commuove: non si può non volergli bene".
Dopo essersi dilungata su altri dettagli del servizio militare ed aver parlato dello sbandamento dell'8 settembre, Rosa Broggi ci fa capire che il figlio era stato fatto prigioniero dai tedeschi e portato in Polonia, dove deve aver raccolto l'invito a far parte delle forze armate della R.S.I.
Aggiunge nella lettera: "La partita si sapeva perduta: ma mio figlio diceva: almeno tener duro, mamma, almeno fermarli!...Con questa speranza era partito per il fronte".
Poi Rosa riprende il dialogo con il partigliano Bertagni, rispondendo forse al precedente scritto di lui: "Voi dite che Mussolini li mandò a combattere contro italiani: sarebbe stato doloroso; ma non c'erano; ma almeno si sarebbero guardati viso a viso" - e poi, forte delle sue convinzioni, Rosa Broggi attacca il partigiano: "Voi non combattevate contro italiani, e alle spalle? E non portavate divisa, e avevate nomi di battaglia, così che in un domani vi sareste comunque salvati: contro i nostri con divisa, gradi, matricola".
E con forza continua: "Voi dite che non fucilavate nessuno: posso farvi mille nomi e dirvi che tutti gli ufficiali e i sottufficiali, e spesso anche i soldati, a meno che non dessero prova di vigliacca infamia come quella di accusare per salvarsi, venivano uccisi".
La lettera di Rosa Broggi continua con i ricordi dolorosi delle sofferenze e della morte del figlio, di cui ha raccolto testimonianze nel suo pellegrinare in Garfagnana:
"Il Rosso raccontò le sue gesta: alpini prelevati, il mio figliolo ferito a tradimento e l'alpino ucciso (il cognome era Rigoni), l'attacco al comando  e l'ufficiale ucciso e ragazzi feriti....".
E continua testimoniando la sua ricerca della verità: "In questi giorni io ho girato tutti i paesi per trovarvi, voi e gli altri capi; i parroci e la gente han confessato che se non ci fossero stati gli alpini sarebbero morti tutti; gli alpini li avevano nutriti e vestiti; non ho sentito invece - aggiunge al Broggi - di tutte quelle sevizie che secondo voi avrebbero fatto".
Poi il racconto delle sevizie al figlio: "Ad ogni modo, tornando al mio Figliolo, quelli che si sono resi responsabili di tanto delitto hanno fatto ingiuria al loro nomee alla loro divisa: tenere un ufficiale italiano in un porcile, con poca paglia, nudo senza coperte: tenerlo senza mangiare: peggio, dar, qualche volta, della brodaglia in una stagna arrugginita: costringerlo a vivere con borghesi a sporcare nello stesso porcile, dove erano in tredici nello spazio bastante appena ad un maiale, e poi ucciderlo, ferito, è cosa che copre d'infamia i partigiani, è cosa che sorpassa - aggiunge la Broggi nella sua disperazione -la crudeltà dei tedeschi; andò al martirio zoppicando, con un piede senza scarpa, nell'altro uno zoccoloche gli prestarono; i suoi scarponi avevan fatto troppo gola e lo fecero svestire". Ed alla fine di questo triste passaggio la Broggi pone al Bertagni delle domande: "Eran presenti tutti i capi della zona? e come avrà giudicato il maggiore inglese; e come i servi russi?".
E poi la missiva contiene le conclusioni: "...forse è giusto che abbiamo pagato noi che credevamo: dar la vita senza credere è ancora più terribile; e mi dico, questo si, oltre tutto il dolore e il terrore e lo spasimo: che lo preferisco vittima che carnefice.
Non ho odio in me, ma so che la giustizia divina raggiungerà tutti i colpevoli;
-
e fa anche un nome - come Marini, il diavolo nero; in quel ponte una mamma in ginocchio l' aveva pregato per la vita del figlio: l'avrà sentito nella spasimante agonia?".
Le considerazioni finali della Broggi sono improntate ancora alla speranza, quando rivolge al partigiano Bertagni una sorta di ultimo appello: "Come vedete una grossa barricata di idee e di sentimenti ci divide, ma come dissi, le persone oneste s'incontrano sulla cima. E io mi fido d'incontrarvi e che mi aiuterete, poichè penso che mi possiate capire e capire il mio Figliolo. Secondo da che lato si guardi la proiezione è differente; ma non è per questo meno vera: la storia solo potrà giudicare o, meglio, l'amore, l'amore per l'Italia potrà riunirci".

Cosi si conclude questa lettera di difficile lettura e interpretazione, non conoscendo, come ho già detto, la precedente corrispondenza del Bertagni.

Più esplicativo il secondo scritto, inviato, tanti anni fa, da Rosa Broggi, al signor Fabbri di Chifenti: è il racconto della cattura del suo "Figliolo",  fatto dagli alpini che erano di pattuglia con lui, che la donna ha "ritrovato".
Si parla della scomparsa di alcuni alpini messi ad una postazione di mitragliatrice, con l'incertezza se erano stati presi prigionieri o se avevano disertato. Poi la ricerca degli scomparsi a Capanne di Careggine; il ritrovamento di un coperchio di gavetta che aveva indotto a continuare le ricerche e, finalmente, l'avvistamento di un gruppo di persone che parve essere quello degli alpini scomparsi.
Poi una sventagliata di mitra che ferisce al piede il tenente Broggi e uccide l'alpino Rigoni, e poi la cattura da parte dei partigiani. Il Rigoni, ormai cadavere, svestito e buttato in un pozzo, gli altri portati al comando partigiano, con i commilitoni che aiutavano il tenente a camminare, perchè da solo non riuisciva. Lo scritto della Broggi afferma, alla fine che furono il Poli Giuseppe e il Rosso ad aver dato l'ordine di sparare agli alpini della Monterosa, e che da parte di questi non fu sparato alcun colpo...

Ho pubblicato questi scritti che conservavo da molti anni, perchè possano essere utili a chi vuole approfondire una storia della tragica guerra civile del 1943/1945.
Gabriele Brunini  - ottobre 2016

Uno scritto del Prof. Mario Pellegrinetti:

Dell'uccisione del S. Ten. Paolo Carlo Broggi si occupa anche Mario Pellegrinetti nel suo libro "APPUNTI PER UNA STORIA DELLA GUERRA CIVILE IN GARFAGNANA 1943-1945" - Maria Pacini Fazzi Editore - 2003.
Alle pagine 98 e 99 l'autore scrive che il giorno 4 novembre 1944 "viene ucciso il S. Ten. Paolo Carlo Broggi della 13a Cpg del Btg. "Intra" della Divisione Alpina Monterosa". Lo stesso, secondo l'autore era stato catturato il 30 ottobre mentre, con una piccola pattuglia, risaliva da Isola Santa verso Careggine all'inseguimento di un gruppo di partigiani che avevano depredato un convoglio di viveri destinato al Battaglione Intra e catturato alcuni alpini. Nell'occasione l'alpino Bruno Rigoni rimase ucciso e il Broggi, ferito a un piede venne catturato. Il Sotto Tenente Broggi, scrive ancora il Pellegrinetti "fu tenuto prigioniero in un porcile con altre 13 persone (che verranno, poi, uccise a loro volta) e fu ripetutamente invitato a venir meno al suo giuramento di fedeltà alla R.S.I. in cambio della vita". Broggi fu alfiere della Monterosa, in Germania, durante la cerimonia del giuramento della Divisione, presente Benito Mussolini. Ai partigliani che lo interrogavano, sempre secondo lo scrito di Pellegrinetti,  il Broggi rispose: "L'Italia può fare a meno di me, non del mio onore". Morì gridando "Viva l'italia". Fu insignito di Medaglia d'argento alla memoria.








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