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"IL MIRACOLOSO CROCIFISSO DEL BORGO E LA SUA CHIESA" di Gabriele Brunini: ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA PRESENTAZIONE DI ROBERTO GUASTUCCI, Domenica 12 luglio 2020.

Ecco l'integrale intervento di Roberto Guastucci.

Borgo a Mozzano, 12 luglio 2020

L’autore del libro che presentiamo, Gabriele Brunini, è stato Sindaco di Borgo a Mozzano per due mandati, e fra l’altro è stato il primo Sindaco nella storia del nostro Comune ad essere eletto direttamente dalla cittadinanza; ha ricoperto altre importanti cariche elettive e si è in vari modi  impegnato nella vita sociale e nell’associazionismo sia religioso che laico: e nel corso della sua vita di lavoro ha ricoperto incarichi che richiedono doti di efficienza, equilibrio e senso di  responsabilità. E’ stato per 7 anni consigliere di presidenza, e poi presidente egli stesso per tre anni, della Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia.
   Eppure, nonostante le importanti cariche pubbliche ricoperte e gli impegni di ogni sorta cui  si è trovato a far fronte, a partire dal 1971 quando fu in prima fila nella ri-fondazione della Misericordia del Borgo e ancora giovanissimo ne divenne governatore, si può dire che per Gabriele il rinato Sodalizio borghigiano sia stato in cima a ogni suo pensiero, a tal punto lo ha fin da allora accudito, direi quasi coccolato, aiutato a crescere e a farlo diventare, come tutti sappiamo,  una realtà di dimensioni importanti e di straordinaria utilità sociale. E non è neppure il caso di elencare, dal momento che  sono sotto gli occhi di tutti, le cose buone e belle e grandi che sotto la sua guida la confraternita di Misericordia di Borgo a Mozzano nell’arco di quasi cinquant’anni ha portato a compimento.
   Il preambolo era necessario per inquadrare la figura dell’autore di questo libro, e non per gratificarlo di una sviolinata non necessaria e non richiesta, e  che d’altronde farebbe poco onore a lui, e meno ancora a me.
   Sta di fatto, invece, che dopo l’uscita nel 2013 del suo volume sul convento di S. Francesco, ero sicuro che la sua passione di ricercatore delle patrie memorie, insieme al connaturato attaccamento alla Misericordia, lo avrebbe portato, prima o poi, a scrivere la storia del miracoloso Crocifisso del Borgo e della sua chiesa: perché è proprio lungo l’asse convento francescano – chiesa del Crocifisso (questione di un centinaio di metri) che si è sviluppata la storia stessa della Misericordia, dalle origini ai giorni nostri.
      Le attività più significative di quella che potremmo chiamare la Misericordia del nuovo corso, hanno infatti avuto inizio presso il convento di S. Francesco nel 1981, appena il Sodalizio ebbe ottenuto dalla Provincia francescana  l’immobile in comodato d’uso, prima che, 25 anni più tardi, lo ricevesse  generosamente in dono. E tra queste attività non si può non mettere al primo posto  la Residenza Sanitaria Assistenziale che per anni abbiamo chiamato Centro Accoglienza Anziani: una istituzione di cui a nessuno può sfuggire la straordinaria valenza sociale.
   Eccoci allora  al secondo polo dello storico asse: la chiesa del Crocifisso e del miracoloso Simulacro ligneo che essa ha custodito  per oltre 500 anni:  perché è stato per l’appunto presso i locali attigui a quella chiesa che la Misericordia era stata fondata nel 1897, dove aveva fissato la sua sede sociale, e il SS. Crocifisso ne era stato eletto  Patrono.  Ed era lì che la Misericordia aveva esercitato le sue opere di carità prima che subentrasse una  lunga stagione di stanchezza e di oblio.
    Quando nel 1971 la confraternita riprese il cammino interrotto, fu ancora  presso quella chiesa in fondo di Borgo che  furono sistemati gli uffici e gli ambulatori, i depositi degli automezzi e ogni altro locale di servizio. 
   Il volume che avete sott’occhio  s’intitola come vedete “Il miracoloso Crocifisso del Borgo e la sua chiesa” e si tratta della  più recente fatica letteraria di Gabriele Brunini. Vi si racconta una pagina di storia religiosa borghigiana che lui arricchisce  di un ampio corredo iconografico, di  puntuali riferimenti storici e di opportuni risvolti sulla vita del Borgo di quel tempo là, con la sua gente semplice ma anche con i suoi personaggi di grande statura intellettuale e morale; il tutto reso più accattivante, direi quasi  più affabile, da uno stile garbato e da una gustosa aneddotica.
   Non è poi senza ragione se Gabriele dedica questo suo lavoro al compianto amico  Luca Basili, il quale è stato appassionato raccoglitore di preziose immagini e rari documenti sulla vita religiosa culturale sociale e politica del nostro paese. Certamente Luca  è meritevole di questo omaggio, tanto più che nella Misericordia si è sempre generosamente  impegnato, e ne è stato anche Vice governatore. Ma per l’onore di una dedica così esplicita e solenne, di sicuro  c’è  sottotraccia un altro motivo: ed è che nel 1897 il nonno materno di Luca, il dottor Luigi Amaducci, della venerabile Confraternita del Borgo era stato benemerito fondatore e primo presidente.
   Io seguirò a grandi linee la storia di questa chiesa e del suo venerato Crocifisso così come Brunini ce la presenta,  ma non senza dare  prima uno sguardo d’insieme a questo libro, e valutarlo anche dal punto di vista dell’impostazione grafica e di ogni altra caratteristica esteriore; insomma, badando anche a quegli elementi  di carattere tecnico ed estetico che, dalla copertina alla scelta dei caratteri alla impaginazione,  ancora una volta segnalano la professionalità e il buon gusto del personale che opera nella  borghigiana Tipografia Amaducci.
  E’ una curiosa e simpatica novità, per esempio,  che il volume presenti nelle pagine pari  tutte le illustrazioni e nelle dispari i testi. Fateci caso, e vi renderete conto che la fruizione del libro apparirà più facile, direi quasi più divertente. Le illustrazioni  sono tante, oltre novanta. D’altra parte, certe volte una fotografia sarebbe di per sé sufficiente a raccontare una storia, evocare un ricordo, suscitare un’emozione.  
   Di pagina in pagina sempre più ci si appassiona alla lettura, e ci si rende conto che prima di scrivere  l’autore ha visitato archivi, scartabellato faldoni,  compulsato documenti:  perché Gabriele non è uso a  improvvisare  o a lavorare  di fantasia,  ma, anche come storico e scrittore,  pretende di offrire ai  suoi lettori merce pregiata. Così è per questo libro, così è stato per “Il convento di S. Francesco del Borgo” e per  altre pubblicazioni che portano la sua firma.
      Dunque, bisogna sapere che  già a partire dalla metà del XV secolo, una quarantina di anni prima che qualcuno scoprisse l’America, c’era già in fondo di Borgo una chiesa che secondo le cronache del tempo  non era né piccola né priva di qualche eleganza, con il suo bravo campanile e con un convento contornato da un orto  con gelsi viti e frutti. In questa chiesa si custodiva e si venerava un antico simulacro  ligneo di Gesù Crocifisso di autore ignoto, che i borghigiani  hanno sempre considerato miracoloso. Custode dell’oratorio e del Crocifisso era una piccola comunità religiosa dell’ 0rdine mendicante dei Servi di Maria, chiamati comunemente Serviti, fondato a Firenze nel 1233, e che rapidamente si era espanso per tutta la Toscana. I Serviti, che accudivano alla chiesa   e abitavano l’annesso convento,  avevano  in S.Pellegrino Laziosi da Forlì e nel fiorentino S. Filippo Benizi le loro  glorie  più venerate  e le icone più significative della loro istituzione.
    Da quanto scrive Brunini, d’altra parte, par di capire che tra  Serviti e borghigiani non doveva poi essere intercorso  un gran “feeling”, tanto che quei religiosi non erano  neppure riusciti  a “imporre” ai nostri antichi compaesani il culto dei loro Santi, benché da Firenze avessero portato in Borgo una reliquia di S. Filippo e una statua di S. Pellegrino.  
   Ci deve essere stata qualche sconosciuta ragione se a un certo punto i Serviti se ne andarono, e ad abitare il convento, a prestare servizio liturgico presso l’Oratorio e a presidiare  il miracoloso simulacro del Crocifisso arrivarono nel 1514 i seguaci di S. Francesco d’Assisi. Le ragioni vere di questo avvicendamento non sono chiare, ma non è escluso che i Servi di Maria si fossero  resi conto che per qualche ignoto motivo non erano riusciti a “legare” con gli abitanti del luogo, e che di conseguenza il loro impegno apostolico non veniva adeguatamente corrisposto.
   I Francescani si installarono dunque nell’ edificio annesso all’Oratorio  del SS. Crocifisso, e ben presto riuscirono a stabilire  con i borghigiani, loro sì,  un rapporto di reciproca  fiducia e di proficua collaborazione. Del resto, la straordinaria figura di S. Francesco d’Assisi era diventata popolarissima, anche dalle nostre parti, in quanto che  del serafico Padre avevano per così dire reincarnato la figura due insigni  predicatori che appartenevano appunto a quella gloriosa famiglia religiosa: S. Bernardino da Siena e il Beato Ercolano da Piegaro.  Secondo le cronache del tempo, in tutto il nostro territorio la loro Missione aveva avuto  una strepitosa risonanza, e numerosi erano stati i “frutti” del loro impegno apostolico; e grazie al fascino stesso delle loro figure ieratiche e austere si parlò di abbondanti conversioni e di una vigorosa ripresa, nel nostro popolo, di una spiritualità genuinamente cristiana e francescana.
   Ma i frati che nel 1514 si erano insediati presso l’Oratorio del Crocifisso, una decina di anni più tardi si ritirarono nel nuovo, grande convento che gli abitanti del Borgo avevano costruito per loro sulla collina a mezza costa fra la borgata e i casolari della Bandiera e di Macea.
   Non ci è dato sapere né perché né percome, ma sta di fatto che dopo che i francescani se ne furono andati, a prendersi cura dell’Oratorio del SS. Crocifisso tornarono i Servi di Maria. Ma dovevano avere qualche forte motivo  di risentimento, perché, come racconta l’autore di questo libro, i Serviti diffidarono il Francescani del convento nuovo dal dir Messa nel “loro” Oratorio.  Si direbbe che, per quanto zelanti e pii, certe volte i religiosi delle diverse fraterìe  non resistessero alla voglia di farsi qualche dispettuccio.   
   Ma al di là delle piccole miserie umane e dei dissapori tra i Serviti e i discepoli del Poverello di Assisi, il popolo del Borgo rimase fedele al culto del “suo” Crocifisso. E nei tempi tribolati delle guerre, della fame e delle epidemie erano soliti portare  quel sacro Legno in processione per le pubbliche strade, chiedendo a Dio misericordia e salvezza con suppliche e talvolta con clamorosi  atti penitenziali.
   Spaventose erano infatti certe malattie epidemiche di quei tempi, come quelle che Gabriele elenca e descrive: il colera, la peste bubbonica e il tifo petecchiale, per le quali non vi era rimedio umano di una qualche efficacia.
   Anzi, è proprio a partire  da  quei  tempi remoti e fino ai giorni nostri che, in ricordo di quelle pestilenze e per chiedere al Signore di tenercene lontani, il venerato Crocifisso percorre le nostre strade con una processione imponente ogni 25 anni; si tratta dunque di un avvenimento talmente raro che forse nessuno ha mai avuto la ventura di campare tanto a lungo da prendervi parte più di tre volte nell’arco della vita.
   D’altronde, un tempo era convinzione generale  che le grandi calamità come pestilenze, fame,  guerre  e terremoti si presentassero con puntuale cadenza ogni quarto di secolo; non si tratta naturalmente di un dato statistico inconfutabile, tuttavia  i borghigiani non hanno mai pensato di mancare l’appuntamento e di disattendere il rito della tradizionale processione.
   Passavano inesorabili gli anni, della presenza fra noi dei Servi di Maria non era rimasto che qualche brandello di memoria, e anche  i frati francescani, insediati oramai  nel loro ampio convento nuovo, da tempo avevano lasciato la cura dell’oratorio in fondo di Borgo.
   Ad ogni buon conto  i fedeli non avevano mai abbandonato il loro storico attaccamento al venerato Crocifisso e alla chiesa che lo ospitava: anzi, fu intorno alla  metà del XIX secolo che presero  la temeraria  decisione di restaurare l’antico oratorio, ingrandirlo, impreziosirlo di nuovi arredi e rinforzarlo nelle sue strutture portanti perché potesse  affrontare un nuovo corso di secoli. Eravamo nell’anno di grazia 1845. Quelli del Borgo si dedicarono all’impresa con lo stesso spirito d’intraprendenza e con il fervore di cui erano stati capaci tre secoli prima, quando avevano eretto il convento di S. Francesco. Ed ebbero la fortuna di trovare un grande professionista e un trascinatore entusiasta nell’ingegnere e architetto Luigi Pellegrini, membro di una famiglia borghigiana tra le più cospicue, il quale non solo progettò l’opera e ne diresse gratuitamente i lavori, ma volle  anche personalmente contribuire alle spese generali con l’offerta di  una generosa somma di denaro. 
   E le cronache tramandate ci raccontano di  quel 12 luglio 1853 (ed è proprio oggi il l’anniversario numero 167)  quando si celebrò la grande festa di inaugurazione della rinnovata  chiesa del Crocifisso, e con una sontuosa processione il popolo del Borgo vi riaccompagnò il miracoloso Simulacro che per otto anni, tanto era durato il cantiere, aveva sostato nella chiesa parrocchiale di S. Jacopo.
   La drammatica foto con la quale  Gabriele apre a pagina 4 il suo volume, io la voglio richiamare  nel chiudere questo mio intervento, quasi a circoscrivere un arco temporale  di oltre cinque secoli, e saldare la storia di ieri con la cronaca incerta e smarrita di oggi.
   Ecco che sotto un cielo cupo e tristissimo, un antico simulacro di Cristo in croce  offre alle intemperie il suo volto dolente da cui  gocciano  lacrime di pioggia. Si ode in lontananza l’urlo  angoscioso di un’ambulanza, e nell’immensa  piazza deserta un vecchio Papa alza l’ostensorio a benedire Roma e il mondo; quasi a ricordarci  che il Dio in cui crediamo non minaccia e non castiga; non dimentica di averci fatto con le sue dita, e si piega con infinita compassione sulle nostre sventure.

Roberto Guastucci 








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